giovedì 29 maggio 2014

Il Santuario

Non appena venuti al mondo ci venne assegnata una destinazione
e negli anni successivi fummo addestrati a raggiungerla nel modo più efficiente possibile.
Non ci misi molto tuttavia, a rendermi conto
di come tutto ciò fosse profondamente sbagliato.
A dire il vero, 
sin da quando l'aria fresca mi si posò per la prima volta sulla pelle umida,
fui pervaso da una voglia impressionante di smarrirmi
e mi impegnai tutta la vita nel farlo.
Così imparai ad apprezzare i terreni sconnessi,
le vie tortuose che si inerpicavano fra le montagne,
i sentieri poco battuti, 
che proprio per questo
avevano ancora tanto da insegnare.
I tagli che avevo sulla braccia e sulle gambe
altro non erano che doni votivi fatti alla vita.
I versi notturni di strani animali
mi cullavano dolcemente 
come ninne nanne materne
e ogni notte salutavo la luna
e ogni giorno ringraziavo il sole.
Benedicevo ogni buca, ogni pozzanghera, 
salita o pendio, 
arsura o umidità 
e mi nutrivo di ogni passo,
e quando il passo affondava pesante
era per me più denso di significato.
Vi lascio immaginare il mio stupore quando, 
dopo molti anni di girovagare,
mi imbattei per puro caso in quella famosa destinazione.
Colto dal panico quasi d'istinto pensai di voltarmi e smarrirmi nuovamente
lasciandomi alle spalle quella visione spettrale,
ma all'improvviso tutti i sentieri, i fiumi e le montagne avevano perso ogni significato.
Passai tre notti accampato su di una collina, osservando da lontano le bianche mura di quel complesso.
Non avevo scelta, 
quella stessa forza che mi aveva spinto a fuggire 
adesso mi attirava in maniera irresistibile verso il mio destino.
Le costruzioni erano fatte di una pietra così bianca e lucente 
che i miei occhi ci misero un po' ad adattarsi.
Il santuario era abbandonato a sé stesso 
e il silenzio era rotto solamente dal rumore dell'acqua che scorreva attraverso canali artificiali.
La vegetazione era sì rigogliosa,
ma si sviluppava in modo ordinato e innaturale,
tranne che per qualche edera coraggiosa che tentava di prendere possesso delle mura.
Non so dire se mi sentissi triste o sollevato mentre mi dirigevo verso la grande sala al centro del santuario.
Quello che vidi quel giorno, tuttavia, non riuscirò mai a dimenticarlo.
Innumerevoli corpi di uomini, incredibilmente ben conservati, giacevano in sarcofagi di cristallo.
Non una ruga gli solcava il viso, 
mentre le mani bianche e prive di calli stavano giunte al petto. 
La loro espressione era incredibilmente serena 
e mi parve quasi di scorgere un sorriso su quei volti eterei.
Contrariamente a ciò che avevo sempre pensato tuttavia,
non provai né pena né rabbia per i miei fratelli.
Accesi quindi un piccolo fuoco,
vi feci bruciare delle essenze profumate
e dopo aver recitato alcune preghiere 
mi allontanai sereno,
senza fare più ritorno.





Zdzisław Beksiński - Painting


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